lunedì 19 settembre 2011

bookfast (writers for breakfast)_christie

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La stanza in cui entrammo era una specie di biblioteca. Le pareti erano ricoperte di libri, i mobili erano scuri, severi ma belli, le sedie si adeguavano allo stile ma non erano affatto comode. Lord Edgware si alzò per riceverci. Era un uomo alto, di circa cinquant’anni. I capelli neri erano striati di bianco, la faccia era magra e la bocca aveva una piega cinica e beffarda. Pareva un uomo dal cattivo carattere e amareggiato. Nei suoi occhi c’era uno strano sguardo diffidente. Pensai che quegli occhi erano assai particolari. Le sue maniere si rivelarono rigide e formali. […]
“Vi conosco di fama, signor Poirot. Chi mai non ha sentito parlare di voi?”. Poirot apprezzò con un gesto della testa il complimento. “Non riesco tuttavia a comprendere la vostra posizione in questa faccenda. Voi mi dite che desiderate incontrarmi per conto della...” – fece una pausa – “di mia moglie.”
Pronunciò quelle ultime due parole in modo strano, come se facesse fatica a formarle.
“Infatti”, ammise Poirot.
“Mi sembrava di aver capito che voi vi interessavate di delitti, signor Poirot.”
“Di problemi umani, lord Edgware. Spesso di delitti, è vero. Ma ci sono anche altri problemi.”
“Lo ammetto. E, in questo caso, qual è il problema che vi interessa?”
Il tono della sua voce era apertamente sarcastico, ora. Poirot fece finta di non accorgersene.
“Ho l’onore di parlarvi a nome di lady Edgware”, disse. “Lady Edgware, come voi forse sapete, desidera divorziare.
“Lo so benissimo”, ammise freddamente lord Edgware.
“Lei vorrebbe che noi discutessimo questa evenienza.”
“Non c’è niente da discutere.”
“Allora rifiutate?”
“Rifiutare? Certamente no.”
Qualunque risposta si aspettasse Poirot, non era certo questa. Mi è accaduto raramente di vedere il mio amico preso alla sprovvista: questa occasione fu una delle più interessanti. Divenne persino ridicolo: aprì la bocca, sollevò sorpreso le mani e le sopracciglia. Pareva una caricatura.
Comment?!”, esclamò. - Che succede? Non rifiutate di concederle il divorzio? […] Quali particolari circostanze vi hanno fatto cambiare opinione, lord Edgware?”
“È una questione personale che non desidero discutere, signor Poirot. Diciamo che ho gradualmente capito il vantaggio che avrei tratto a sciogliere quello che socialmente consideravo un rapporto degradante. Il mio secondo matrimonio è stato un errore.”
“Lo dice anche vostra moglie.”
“Davvero?”.
Ci fu uno strano guizzo nei suoi occhi che subito scomparve. Si alzò con l’atteggiamento di chi vuol mettere fine a un colloquio e, nel salutarci, le sue maniere si fecero meno rigide.
“Vi prego di scusarmi per aver dovuto anticipare il nostro appuntamento, ma devo assolutamente essere a Parigi domani.”
“Non è il caso.”
“Ci sarà un’asta e io ho messo gli occhi su una statuetta. Un oggetto perfetto anche se un po’ macabro. Ma a me è sempre piaciuto il macabro. Ho gusti strani, lo ammetto.”
E di nuovo quel suo strano sorriso. Avevo osservato durante il colloquio i libri sugli scaffali. Vi avevo notato le Memorie di Casanova, tutte le opere del marchese di Sade e molti volumi sulle torture medievali. Mi ricordai che Jane Wilkinson era rabbrividita quando aveva parlato del marito. Non stava recitando. Mi era sembrata naturale. Mi chiesi che tipo d’uomo era George Alfred Saint Vincent Marsh, quarto baronetto di Edgware.
Ci salutò nuovamente in tono gentile, suonando un campanello: quando uscimmo, il suo maggiordomo dal fisico di una divinità greca ci stava aspettando nell’atrio. Mentre chiudevo alle mie spalle la porta della biblioteca dove ci aveva ricevuto, gli lanciai un’ultima occhiata. Mi trattenni a stento dall’emettere un’esclamazione. La faccia che prima era stata atteggiata a un sorriso quasi gentile si era trasformata. Le labbra tese a scoprire i denti davano vita a un ghigno orrendo, negli occhi lampeggiava uno sguardo che rasentava una sorta di insana furia selvaggia.


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